Femminicidio: un problema culturale — 4 ottobre 2013

Femminicidio: un problema culturale

femminicidio scarpe

Dopo gli ultimi sconvolgenti casi di violenza sulle donne e la discussione del decreto legge sul femminicidio, che sta avendo luogo proprio in questi giorni, cerchiamo di analizzare più a fondo questo delicato tema. 

Femminicidio è un neologismo entrato negli ultimi anni a far parte del nostro vocabolario. Una parola lugubre dal triste significato che sempre più spesso risuona nei telegiornali e riempie le pagine dei quotidiani. La parola venne usata per la prima volta in Italia in una sentenza del 2009 ma già da tempo aveva fatto la sua comparsa nel resto del mondo. Usata in America fin dall’800 è dal 1992 che il termine acquista la sua importanza ed il suo significato attuale quando la criminologa Diana Russell identificò nel femminicidio una categoria criminologica vera e propria: una violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna «perché donna»

Il termine femminicidio va dunque oltre il concetto di omicidio, con esso si intende qualsiasi forma di violenza contro le donne che mira ad annullarne l’identità e la libertà psicologicamente e fisicamente: abusi sessuali, molestie psicologiche, stalking sono tra forme in cui si manifesta la violenza sull’altro sesso.

I casi di cronaca ci hanno abituato ad assistere a violenze perpetrate contro le donne nel loro nucleo familiare. Terribili atti compiuti dai mariti sulle proprie compagne, dai padri sulle proprie figlie, dagli uomini su quelle donne che dovrebbero invece amare e proteggere.

Ognuno di questi casi, pur rappresentando una storia a sé stante, ha alla base un comune denominatore, un’idea malata che vede la donna come oggetto da possedere ed asservire alla propria volontà.

 

GLI ULTIMI TRAGICI EPISODI

15 settembre. A Statte in provincia di Taranto la giovane Ilaria Pagliarulo di appena vent’anni viene ferita da un colpo di pistola sparato dal suo convivente. La ragazza non chiede aiuto ma tenta addirittura di tamponare da sola la profonda ferita al rene. Il giorno successivo in seguito ad un ennesimo litigio il ragazzo le spara nuovamente. Solo a questo punto Ilaria chiama i soccorsi. Trasportata in ospedale morirà pochi giorni dopo a causa delle gravi ferite riportate.

17 settembre. Maria Pia Bigoni, 66 anni, titolare di una rivendita di pesce a Civitanova Marche (Macerata) viene massacrata a colpi di coltello dall’ex marito Graziano Palestini di 76 anni. Si tratta, in un certo senso, di una tragedia annunciata. Da anni i rapporti fra i due erano scossi da continui litigi e contenziosi legali. Palestini aveva già ripetutamente minacciato l’ex moglie in passato ed un provvedimento giudiziario gli impediva di avvicinarsi a lei.

23 settembre. A Villacidro (Cagliari), un piccolo paese nel sud della Sardegna viene trovato dai carabinieri  il corpo senza vita di una ragazza di 24 anni. Si tratta di Marta Deligia scomparsa insieme all’ex fidanzato Giuseppe Pintus alcune ore prima. A far partire le ricerche era stata proprio una telefonata di Pintus ai carabinieri  in cui l’uomo aveva confessato l’omicidio e manifestato l’intenzione di suicidarsi. Pare che la ragazza si fosse già rivolta alle autorità per denunciare le molestie subite dall’ex. Dopo una relazione durata 4 anni si era convinta a lasciare il fidanzato a causa della sua ossessiva gelosia e del comportamento violento. Da quel momento l’ex aveva cominciato a pedinarla ed a perseguitarla con ripetute telefonate. Pochi giorni fa il tragico epilogo.

25 settembre. A Castelvetro Piacentino (Piacenza) Gianpietro Giliberti uccide la compagna Cinzia Agnoletti di due anni più giovane. Durante l’interrogatorio dei carabinieri l’uomo confessa l’omicidio e le violenze perpetrate sulla vittima che sarebbe stata prima strangolata a mani nude, poi con il laccio di una tapparella, in seguito con un cuscino ed infine con un sacchetto sulla testa. L’uomo avrebbe in seguito tentato il suicidio senza riuscirci.

29 settembre. Maria Pia Granero, 64enne di Pinerolo (Torino), è stata uccisa  dal marito Lorenzo Osella (65 anni) con una coltellata alla gola nella sua abitazione . Dopo aver commesso l’omicidio l’uomo ha scritto una lettera per spiegare i motivi del suo gesto e si è costituito ai carabinieri.

 

I NUMERI

Questi appena citati sono solo alcuni dei numerosissimi casi che si verificano ogni anno in Italia. Benché non esista nel nostro Paese un osservatorio nazionale sul femminicidio dati raccolti da associazioni come Casa delle donne rivelano un bollettino di guerra sconcertante: sarebbero oltre 100 le donne uccise ogni anno dai loro compagni, mariti e amanti. Nel 2012 si contano 124 vittime.

Ancora più drammatica è la situazione a livello internazionale. La violenza domestica  – quella subita dagli uomini di casa, anche padri o fratelli – è la prima causa di morte nel mondo per le donne tra i 16 e i 44 anni: più degli incidenti stradali, più delle malattie.

Secondo i dati dell’ONU nel mondo 7 donne su 10 subiscono violenza nel corso della vita, e 600 milioni di donne vivono in nazioni che non considerano questa violenza un reato. I dati più drammatici si hanno in Asia. Secondo uno studio finanziato dalle stesse Nazioni Unite nei paesi asiatici un uomo su dieci ha stuprato una donna. Se nel conteggio si include anche la propria partner la percentuale sale a 1 su 4, il 25%. I dati che emergono da questa inchiesta sono ancora più sconvolgenti se si pensa che la maggior parte di questi uomini afferma di aver commesso la violenza per “rivendicare il proprio diritto sessuale” e solo la metà di essi è consapevole di aver commesso un atto negativo e dichiara di sentirsi in colpa.

 

LE INIZIATIVE

Negli ultimi anni il tema della violenza sulle donne ha acquisito rilevanza internazionale. Diverse associazioni hanno cominciato a battersi per portare il fenomeno all’attenzione dei media, sensibilizzare la popolazione ed ottenere importanti provvedimenti da parte delle forze di governo.

Il 17 dicembre 1999, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le ONG a organizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica in quel giorno.

In Italia solo a partire dal 2005 alcuni centri antiviolenza, case delle donne e associazioni per la tutela dei diritti hanno cominciato a celebrare tale data. Nel 2007 si è svolta in nel nostro Paese la più grande manifestazione contro il femminicidio che ha visto la partecipazione di quasi 100 000 donne.

Il 15 maggio 2011 è stata sottoscritta ad Istanbul dai membri del Consiglio d’Europa la “Convenzione sulla prevenzione della violenza contro le donne e la lotta contro la violenza domestica”. La convenzione entrerà effettivamente in vigore solo dopo che almeno 10 stati membri l’avranno ratificata. Quattro Stati (Albania, Montenegro, Portogallo, Turchia ) l’hanno firmata rapidamente. Il quinto è stato l’Italia con effetto dal 16 luglio 2013.

Continuano e si fanno sempre più forti le iniziative e le proteste delle donne alla luce di una serie di violenze che non accennano a diminuire. Una delle manifestazioni più significative è stata quella promossa dall’associazione Auser che con la campagna di mobilitazione “Scarpe rosse in cammino contro il femminicidio” ha portato in moltissime piazze d’Italia questo argomento distendendo un tappeto di scarpe da donna color rosso-sangue simboleggianti le centinaia di vittime che ogni anno nel nostro paese perdono la vita per mano dei propri uomini.

 

Ricordiamo tra le altre iniziative anche la convenzione NO MORE! Convenzione contro la violenza maschile sulle donne. Si tratta di una proposta politica che “invita le istituzioni a un confronto aperto sul tema e chiede al governo di verificare l’efficacia del Piano Nazionale contro la violenza varato nel 2011.”

Il 28 settembre un gruppo di femministe ha fatto irruzione nella redazione del Fatto Quotidiano. Il gesto è stata motivato dal fatto che il giornale “come molti altri, è responsabile di una comunicazione e informazione errata che contribuisce a costruire una cultura mistificante della violenza sulle donne”

 

LE LEGGI A RIGUARDO

L’8 agosto scorso è stato approvato dal consiglio dei ministri un importante decreto legge in materia di violenza sulle donne. Il decreto che si compone di 12 articoli prevedeva la previsione dell’arresto in flagranza per i maltrattamenti e lo stalking. Prevedeva inoltre assistenza legale gratuita per le vittime. Alle forze di polizia veniva data la possibilità di allontanare da casa il coniuge violento  in caso di rischio per l’integrità fisica della donna. Inoltre erano previste pene più dure per i colpevoli e l’irrevocabilità della querela.

Tuttavia tale decreto dovrà essere convertito in legge entro il 15 ottobre. Il 25 settembre  In occasione della riunione alla Camera per il voto sul decreto le commissioni Affari Costituzionali e Giustizia sono state costrette a rinviare la procedura a mercoledì 2 ottobre a causa dell’enorme quantità di emendamenti proposti. Non appena la notizia è stata diffusa dai media è subito scattata la polemica. Le proposte di modifica sono ben 414, un numero spropositato il cui scopo sembra solo quello di ritardare la procedura di voto mettendo a rischio la conversione in legge del decreto che dovrebbe avvenire entrò metà mese. A questo punto infatti dopo l’esame della Camera resterebbero al Senato solo pochissimi giorni utili per la conferma.

In seguito alle ultime burrascose vicende la discussione è stata ulteriormente rimandata e solo il 3 ottobre il decreto legge approda finalmente in aula. Ci si auspica adesso – come ha sottolineato la senatrice Maria Cecilia Guerra,  viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali – che si agisca nel più breve tempo possibile.

Il testo del decreto appare alquanto arzigogolato ed eterogeneo: riunisce in sé provvedimenti sulla prevenzione della violenza negli stadi,  sulla riorganizzazione delle Province,  norme in tema di protezione civile, disposizioni per il potenziamento del corpo nazionale dei Vigili del fuoco e provvedimenti in materia di sicurezza e immigrazione . E’ proprio questa eterogeneità dei contenuti a rendere le operazioni complicate, intralciando non poco lo svolgimento dell’iter.

Inoltre il Parlamento sembra voler “riciclare” la vecchia proposta del Ministro della Giustizia Cancellieri sui braccialetti elettronici localizzatori per chi ha commesso stalking. La proposta oltre che poco originale appare anche irrealizzabile per gli enormi costi che lo Stato non sembra in grado di sostenere. I braccialetti attualmente disponibili sono attualmente circa 380, contro le 380mila denunce di stalking registratesi quest’anno!

Alla luce di questi ultimi avvenimenti immediata e comprensibile è stata l’indignazione delle associazioni femministe. Ancora una volta lo Stato perde credibilità e si allontana dalla popolazione. Le istituzioni sembrano perdere tempo e tergiversare anche di fronte ad un tema così delicato e basilare per una nazione democratica. E’ del tutto ragionevole domandarsi come sia possibile che anche su un provvedimento che appare così urgente ed essenziale dilaghi una generale incompetenza ed irresponsabilità delle forze di Governo

 

UN PROBLEMA CULTURALE

Il ritardo e l’incompletezza della legge sono tuttavia solo l’espressione di un problema più profondo, un problema radicato nella cultura e nella mentalità della popolazione. Basti pensare che solo pochi anni fa la violenza contro le donne era un argomento che non faceva scalpore e che in molti Paesi ancora oggi non costituisce reato. Nonostante i numerosi passi in avanti sembra dopotutto che ci troviamo ancora in società dalla cultura prettamente maschilista dove i diritti delle donne faticano ad affermarsi.

Lo scopo delle associazione sopracitate è proprio quello di sensibilizzare la gente ed in particolare la popolazione maschile. Il femminicidio non è qualcosa di astratto e lontano da noi ma potrebbe toccarci da molto vicino, molto più di quanto potremmo pensare.

Un’importante obiettivo è anche quello di convincere le donne a denunciare gli abusi subiti. La maggior parte delle vittime infatti non si rivolge alle autorità o per paura o per troppo amore. Molti casi di violenza domestica vengono alla luce solo quando è ormai troppo tardi. Occorre invece che tutte le donne prendano coraggio. Serve poi un intervento più concreto da parte delle istituzioni e delle forze dell’ordine che troppe volte sembrano sorde di fronte alle richieste d’aiuto o incapaci d’agire. Per troppo tempo questo massacro silenzioso è andato avanti ed è giunto il momento di intervenire con forza. Fondamentali sono le campagne di sensibilizzazione mediante i media ed i social network che dovrebbero dimostrarsi sempre più capaci di dare voce a chi è più debole.

Purtroppo però dobbiamo ammettere che non basteranno spettacoli, film, libri, programmi televisivi ed articoli di giornale per fermare la strage delle donne. Nemmeno le nuove leggi –  nonostante siano fondamentali e assolutamente indispensabili – saranno sufficienti a risolvere il fenomeno. Occorre una profonda presa di coscienza da parte delle persone ed un cambiamento radicale della nostra mentalità. Fino a quando anche un solo uomo rimarrà convinto che la via giusta sia possedere anziché amare, imprigionare anziché proteggere e ordinare anziché chiedere ci troveremo ancora su uno scalino  molto basso della lunga scalinata che porta verso l’uguaglianza, la libertà e la parità di diritto. Una società che non è in grado di capire il ruolo fondamentale che la donna riveste nella vita rimane una società profondamente arretrata dal punto di vista culturale. Chi non ha rispetto per la donna non ha rispetto per la vita.

 

Marco D’Acunti

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